Il patent box
Il regime opzionale di tassazione agevolata dei redditi derivanti dall’utilizzo di taluni beni immateriali (softwareprotetto da copyright, brevetti industriali, disegni e modelli, processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale, o scientifico giuridicamente tutelabili), noto come patent box, è stato introdotto nell’ordinamento italiano dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi da 37 a 45, legge 190/2014, come modificati dall’articolo 5, Dl 3/2015).
Le relative disposizioni di attuazione soso state adottate con il citato Dm 30 luglio 2015. L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti e presicsazioni sulla nuova disciplina con le circolari n. 36/2015 e 11/2016.
Con il provvedimento 1° dicembre 2015, l’Amministrazione ha poi definito le modalità di accesso, i termini e lo svolgimento della procedura di ruling (ex articolo 8, Dl 269/2003) in materia di patent box. Successivamente, con il provvedimento 6 maggio 2016, sono stati individuati gli uffici dell’Agenzia deputati alla gestione delle istanze di accesso alla procedura di accordo preventivo connessa all’utilizzo di beni immateriali.
Il Dl 50/2017: l’esclusione dei marchi d’impresa
Allo scopo di allineare la disciplina del patent box alle linee guida Ocse e, in particolare, alle raccomandazioni contenute nel documento “Countering harmful tax practices more effectively, taking into account transparency and substance, Action 5 – 2015 Final Report”, l’articolo 56, comma 4, Dl 50/2017, ha apportato le seguenti modifiche al regime agevolato:
Lo stesso articolo 56 ha introdotto anche le necessarie norme primarie di coordinamento, prevedendo che le nuove disposizioni si applicano:
Pertanto, e in estrema sintesi, con riferimento a quelle esercitate successivamente al 31 dicembre 2016, le opzioni per l’applicazione del patent box non possono più avere a oggetto i marchi d’impresa. Inoltre, è stato stabilito che le disposizioni previgenti continuano ad applicarsi, comunque non oltre il 30 giugno 2021, relativamente alle opzioni esercitate per i primi due periodi d’imposta successivi a quelli in corso al 31 dicembre 2014 (clausola di grandfathering).
Il Dm 28 novembre 2017
Alla luce delle descritte novità, si è resa necessaria una revisione della disciplina attuativa; pertanto, il Dm in esame (adottato sulla base di quanto espressamente previsto dal comma 4 dell’articolo 56) sostituisce il Dm 30 luglio 2015.
Il provvedimento in esame, al pari di quello precedente, detta disposizioni in materia di:
Negli articoli sopra indicati si è provveduto a espungere il riferimento ai marchi d’impresa che, come anticipato, sono stati esclusi dall’ambito oggettivo di applicazione del regime agevolato. Rispetto al Dm 30 luglio 2015, peraltro, il nuovo Dm contiene due articoli in più: l’articolo 13 e l’articolo 14, rispettivamente dedicati alla disciplina della clausola di grandfathering e dello scambio d’informazioni per le opzioni sui marchi. Entrambe le disposizioni sono finalizzate a dettare le norme di coordinamento necessarie a gestire l’avvenuta esclusione dei marchi d’impresa e a tener conto del periodo transitorio.
Clausola di grandfathering
Attraverso tale clausola si mira a regolare il periodo durante il quale è possibile conservare i benefici secondo la disciplina previgente e, quindi, a salvaguardare le opzioni sui marchi d’impresa esercitate in precedenza.L’articolo 13, infatti, stabilisce che l’opzione esercitata per i primi due periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2014 (2015 e 2016 per i soggetti “solari”) può avere a oggetto i marchi d’impresa (compresi quelli collettivi) siano essi registrati o in corso di registrazione.
In tali casi, l’opzione dura cinque periodi d’imposta ovvero, se inferiore, fino al 30 giugno 2021 e non è rinnovabile. Coloro che hanno esercitato l’opzione avente a oggetto i marchi d’impresa, a partire dal terzo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e per ciascun periodo d’imposta di efficacia dell’opzione, devono indicare nella propria dichiarazione dei redditi il numero dei beni a cui l’opzione si riferisce, la classificazione degli stessi e l’ammontare di reddito agevolabile a essi riferibile.
Nella stessa dichiarazione devono essere indicati i Paesi esteri in cui sono fiscalmente residenti:
Il comma 3 prevede, inoltre, che, per l’applicazione di quanto previsto dai commi precedenti, due soggetti si considerano correlati quando:
La quota di reddito agevolabile derivante dall’utilizzo dei marchi deve essere determinata secondo le regole ordinarie (articolo 9), includendo nel novero dei costi rilevanti anche quelli relativi alle attività di sviluppo dei marchi e a quelli sostenuti per le attività di presentazione, comunicazione e promozione degli stessi, nonché quelli afferenti alle ricerche di mercato.
Scambi di informazioni per le opzioni sui marchi
Infine, l’articolo 14 detta le modalità per garantire lo scambio spontaneo di informazioni relativo alle opzioni esercitate per i marchi d’impresa. Viene previsto che per i Paesi con i quali è in vigore lo scambio di informazioni, e che sono membri dell’Inclusive framework on Beps, l’Agenzia delle entrate deve comunicare alle amministrazioni fiscali dei Paesi di residenza fiscale delle società controllanti e correlate il nominativo di ciascun soggetto che ha esercitato l’opzione per i marchi d’impresa. I nominativi devono essere comunicati entro tre mesi dalla ricezione della dichiarazione dei redditi riferita al periodo d’imposta in cui si è beneficiato dell’agevolazione derivante dall’utilizzo dei marchi.
Fonte: Fisco Oggi, Rivista Telematica dell'Agenzia delle Entrate - articolo di Gennaro Napolitano